Ecogiustizia è fatta!

Dopo più di vent’anni di lunga ed estenuante attesa, nel nostro codice penale DSC_5388compaiono per la prima volta i delitti ambientali. Il nostro rapporto Ecomafia non può che partire da qui. Da una pagina di storia scritta anche dalla nostra associazione “in nome del popolo inquinato”, conquistata a forza di provarci in ogni legislatura, mettendoci sempre la faccia e per una volta felici di poterla raccontare.

È la sera del 19 maggio 2015 quandoil Senato approva a stragrande maggioranza il Ddl 1345 B, un disegno di legge trasversale frutto del coordinamento di tre distinte proposte di legge a firma dei deputati Ermete Realacci (Pd), Salvatore Micillo (M5s) e Serena Pellegrino (Sel), che introduce nel nostro ordinamento 5 delitti ambientali, più una serie di aggravanti e un sistema di estinzione amministrativa delle contravvenzioni (solo per reati ambientali che non hanno cagionato danno o pericolo concreto di danno).

Una riforma che nasce da una iniziativa del Parlamento, circostanza tutt’altro che usuale, che fa assumere un significato ancora più speciale a questo passaggio storico a difesa dell’ambiente. Si cambia paradigma giuridico per la tutela penale degli ecosistemi, almeno per i reati più gravi e impattanti, messi finalmente all’interno del nostro codice. Così il legislatore assume il volto severo che meritano reati di tale natura.

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> Ecogiustizia è fatta! (il video)

Diventano delitto l’inquinamento e il disastro ambientale, fino a ieri grandi assenti nel diritto penale e nelle aule giudiziarie. Una novità non da poco. Se fino a ieri i grandi inquinatori erano perseguiti (non tanto convintamente, visti gli esiti infausti) da magistrati e forze dell’ordine tirando per il collo articoli del codice penale previsti per punire il crollo di costruzioni (art. 434, il cosiddetto disastro innominato), oppure il getto pericoloso di cose o l’insudiciamento delle colture o il danneggiamento di beni o altri articoli pensati e scritti per altro, da oggi, invece, potranno contare su fattispecie specifiche da contestare. All’inquinamento e disastro ambientale vanno sommati gli altri tre delitti: traffico e abbandono di materiale radioattivo, l’impedimento del controllo e l’omessa bonifica. I tempi di prescrizione raddoppiano ed è prevista una lunga serie di aggravanti (tra cui quelle contro l’ecomafia e i pubblici funzionari corrotti), anche specificatamente posti a tutela della pubblica incolumità.

Un elenco di delitti che peraltro non sostituisce né abroga affatto ciò che c’era prima, continuando a esistere i soliti reati contravvenzionali. Anzi, proprio a scanso di equivoci, l’articolo 452 quater, quello che disciplina il disastro ambientale, fa espressamente salvo il vecchio disastro innominato (art. 434 cp). Possono così dormire sonni tranquilli anche i più accaniti detrattori e assertori dei meriti di quel delitto (lo stesso che la Corte di Cassazione ha bocciato recentemente nelle sentenza cosiddetta Eternit e non solo).

Una riforma che è il frutto di un percorso tortuoso, lungo e faticoso, che ha visto Legambiente in prima linea sin dall’inizio di questa avventura, credendoci anche nei momenti più difficili, dimostrando l’enorme importanza che la società civile può assumere per imporre l’interesse collettivo al centro dell’azione politica, al di là dei singoli schieramenti partitici. Senza questo lavoro di sintesi e di tessitura politica e sociale, probabilmente, oggi racconteremmo l’Italia zoppa di sempre, dell’ingiustizia ambientale e della sistematica impunità per i “ladri di futuro”.

Senza avere la pretesa di essere la riforma perfetta, insomma, quanto meno costituisce un ottimo punto di partenza. Già nella prossima edizione di questo rapporto racconteremo di come sarà applicata ai casi concreti. Il dado è ormai tratto.

GUEcoreati

DOMANDE E RISPOSTE SULLA NUOVA LEGGE

Vediamo quali sono le principali novità del Codice penale grazie alla nuova legge sugli ecoreati.

Perché è rivoluzionaria la legge sugli ecoreati?
Con questa nuova legge la storia italiana delle vertenze ambientali impunite è finalmente chiusa, e se ne apre una nuova dove la metafora del furto della mela al supermercato che per la normativa era più grave dei più gravi reati ambientali – utilizzata migliaia di volte per ricordare il paradosso dell’inesistente tutela penale dell’ambiente – ormai non vale più. Grazie infatti alla legge sugli ecoreati, obiettivo che Legambiente persegue dal lontano 1994, nel Codice penale italiano è entrata finalmente la parola ambiente: i principali reati ambientali, fino a ieri considerati contravvenzionali (e quindi di serie B), d’ora in poi saranno considerati veri e propri delitti.

Cosa prevede la legge?
Grazie alla nuova legge sugli ecoreati il codice penale prevede cinque nuovi delitti ambientali: inquinamento, disastro ambientale, traffico di materiale radioattivo, omessa bonifica e impedimento del controllo. Le pene sono molto importanti: si va dalla reclusione da 2 a 6 anni per il delitto di inquinamento a quella da 5 a 15 anni per chi commette un disastro ambientale.

Perché è importante l’inserimento degli ecoreati nel Codice penale?
D’ora in poi per contrastare gli ecoreati magistrati e forze dell’ordine possono utilizzare gli strumenti di indagine più efficaci (arresti in flagranza, intercettazioni telefoniche e ambientali, rogatorie internazionali) e i tempi di prescrizione si raddoppiano. Sono previste anche aggravanti per lesione, morte ed ecomafia, e si possono eseguire le confische dei beni (anche per equivalente) in caso di condanna. La legge prevede anche sconti di pena per chi si adopera a bonificare in tempi certi e questo accelererà inevitabilmente il processo di risanamento in Italia.

Vengono cancellati reati o abrogate leggi precedenti?
No. La legge sugli ecoreati, come hanno già sottolineato autorevoli magistrati e avvocati esperti di diritto ambientale in audizioni, incontri, seminari di approfondimento, permetterà di voltare pagina rispetto ai disastri impuniti consumati fino ad oggi grazie alla possibilità di contestare i cinque nuovi delitti in materia di ambiente, che si aggiungono e non cancellano norme esistenti. La legge non cancella nessun reato contravvenzionale precedente e fa salvo quanto previsto dal cosiddetto delitto di “disastro innominato”.

La nuova legge può far saltare i processi in corso (Ilva di Taranto, Enel di Porto Tolle, Tirreno Power di Vado Ligure, etc)?
No. La legge prevede nella definizione di disastro ambientale le parole «fuori dai casi previsti dall’articolo 434». Viene garantita insomma, come sollecitato da magistrati impegnati in importanti inchieste o processi, la possibilità di continuare a contestare il cosiddetto “disastro innominato” (articolo 434 del codice penale), attualmente utilizzato per colpire le più gravi lesioni arrecate all’ambiente, anche se con limitati esiti in termini di condanne definitive. Il disastro innominato, quindi, non viene cancellato, senza causare alcuna ripercussione anche sui processi in corso, e parallelamente si introduce il nuovo delitto di disastro ambientale, che prevede fino a 15 anni di reclusione, al netto delle aggravanti previste dalla legge sugli ecoreati.

Perché è stata inserita la parola “abusivamente”? È davvero un problema?
La parola “abusivamente”, presente nelle definizioni dei nuovi delitti di inquinamento e di disastro ambientale, è stata inserita su proposta di autorevoli magistrati e giuristi per superare i problemi emersi con la prima definizione prevista nel ddl. Con la parola “abusivamente” infatti l’applicazione dei nuovi delitti evita vuoti di tutela ed è molto più ampia, con maggiori garanzie per l’ambiente e la salute: con questa formulazione, ad esempio, vengono sanzionate anche l’emissione sul suolo o in atmosfera di sostanze pericolose regolate dalla normativa sulla sicurezza, come nel caso delle fibre di amianto, ma anche le cave illegali o i disboscamenti abusivi.

È la prima volta che viene criticata la parola “abusivamente” nella normativa ambientale?
No. La polemica sulla parola “abusivamente” era già stata fatta nel passato, precisamente nel 2001 in occasione dell’approvazione del delitto di attività organizzate per il traffico illecito dei rifiuti (ex art. 53bis del decreto Ronchi, oggi art. 260 del Codice ambientale). Questo delitto, il primo della normativa ambientale italiana, sanziona pesantemente chi «gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti». Anche allora l’introduzione di questo avverbio venne contestata paventando una paralisi delle indagini e l’inapplicabilità della norma. La realtà ha dimostrato esattamente il contrario. Grazie infatti a quel delitto introdotto ormai 15 anni fa, sono state concluse fino al maggio 2015 ben 285 indagini che hanno portato all’emissione di 1.522 ordinanze di custodia cautelare contro i trafficanti di rifiuti, alla denuncia di 6.955 persone e al coinvolgimento di 854 aziende, con numerose sentenze della Cassazione e una ormai consolidata giurisprudenza.

Cosa pensa Confindustria della nuova legge sugli ecoreati?
Per alcuni commentatori il ddl sugli ecoreati garantirebbe «mano libera all’industria inquinante» e creerebbe «scappatoie per gli inquinatori». L’accusa è assolutamente infondata. Vale a controprova la fortissima pressione esercitata da Confindustria per impedire l’approvazione definitiva della legge sugli ecoreati, arrivando a contestare paradossalmente che una norma di questo genere disincentiverebbe gli investimenti produttivi nel nostro Paese.
Il presidente Squinzi durante l’assemblea nazionale di Confindustria di fine maggio ha detto: “Anche questo governo ha avuto la manina anti-impresa. Gli ecoreati sono provvedimenti tanto assurdi che fatico a spiegarli all’estero. Si tratta di una giurisprudenza studiata scientificamente contro l’impresa”. Parole davvero incomprensibili, visto il sostegno alla legge da parte di tante aziende oneste che l’attendevano da anni per combattere la concorrenza sleale.

Cosa cambia per l’Italia con questa nuova legge?
Dopo essere stata per 21 anni la pietra dello scandalo nel contrasto alle gravi illegalità ambientali consumate sul territorio nazionale, con questa legge l’Italia diventa finalmente un esempio da seguire a livello internazionale. Ci abbiamo impiegato davvero troppo tempo ma ce l’abbiamo fatta. Ora aspettiamo i primi esiti giudiziari di questa novità normativa. Chi inquinerà d’ora in poi se la vedrà brutta. Finalmente.