L’assalto alla green economy

ElicoArena“Il settore delle energie rinnovabili, essendo un contesto di grosso rilievo economico, non poteva non suscitare gli interessi della mafia”. Sono le parole del procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo, a conclusione dell’operazione Mandamento, che nel 2012 ha portato all’arresto di sei persone accusate di lavorare per la famiglia mafiosa della provincia di Trapani e di favorire la latitanza del super ricercato Matteo Messina Denaro. Parole che, da sole, spiegano bene il fenomeno delle infiltrazioni criminali nel business delle energie pulite.

Una verità scontata, specialmente in una terra in cui la criminalità organizzata, dimostrando un fiuto eccezionale, ha sempre orientato i propri affari verso i settori economici più redditizi, fossero essi illegali o perfettamente legali.

Legambiente ha sempre raccontato le storie dei parchi eolici dei clan, così come le vicende di corruzione che hanno inquinato anche il settore dell’energia solare. Lo ha fatto e continua a farlo, convinta che si debba sempre distinguere tra affari sporchi e affari leciti, senza bieche strumentalizzazioni da parte di chi vorrebbe affossare le energie rinnovabili. Ma, soprattutto, con l’obiettivo di definire un sistema di regole in grado di garantire la piena trasparenza rispetto agli incentivi, alle autorizzazioni e ai soggetti titolati ad accedervi, rafforzando e rendendo così quanto più impermeabile possibile il settore delle rinnovabili dai fenomeni d’infiltrazione e di condizionamento mafioso.

Brindisi, Trapani, Messina, Catanzaro, Isola di Capo Rizzuto: è qui che le mafie in questi anni hanno trovato il terreno più fertile per seminare i loro interessi in campo energetico, ma anche dove la magistratura ha messo il freno a molti business illegali. Sono infatti decine le inchieste aperte sull’assalto alla green economy da parte della criminalità organizzata, di affaristi e di politici senza scrupoli.

I risultati dell’attività investigativa confermano sostanzialmente due aspetti di questa complessa e delicata vicenda. In primo luogo, che la Sicilia è una delle regioni in cui le cosche hanno potuto penetrare più facilmente un settore in forte ascesa, complice la deregulation normativa e il fondamentale ruolo cerniera degli sviluppatori; che la scelta investigativa di concentrarsi sulla latitanza dei boss e sulla rete di fiancheggiatori ha portato alla luce quel sistema di alleanze tra mafiosi, politici, imprenditori e colletti bianchi che ha guidato l’assalto alle energie rinnovabili, sull’Isola e non solo.

Anche l’Europol si è accorta della centralità del settore delle eco energie nel riciclaggio del denaro sporco e nelle frodi ai danni dell’Unione europea e ha cominciato a mettere a fuoco il problema. “Le informazioni raccolte  – spiega nel suo rapporto del 2013 – rivelano che le organizzazioni criminali italiane investono sempre di più nei settori delle energie rinnovabili, in particolare nei parchi eolici, per profittare dei prestiti e dei generosi aiuti europei accordati agli stati membri, ciò che permette loro di ripulire i profitti delle attività criminali attraverso attività economiche legali”.